Cos’è questa confusione di tempo che si attorciglia in spirali di odissea? Vedo navi, guerrieri, eroi, città da conquistare. Gloria è cinta di fiori di maggio. Morte è in compagnia di Ipno. Troia non ha un cavallo. Appare Ulisse, sprezzante e ingegnoso, a guidare ancora navi di avventure. Il richiamo è per un sacrificio deliberato della vita.
Quale rotta potrebbe interessarci? Io non ho tempestività né scorciatoie? I mari di Sicilia con il sole plaudente e la luna gravida ci mettono in guardia. Gli dèi senza Omero cosa potrebbero essere? Ettore non è con noi. Agamennone gioca a scacchi con i vicini di regno. Polifemo è invecchiato. Curvo e senza capre, gioca a nascondino. Circe va in giro per l’isola con cerchi di fiori ai polsi e alle caviglie: ed è fin troppo bella anche per le sue arti magiche. Bussi ad una porta che non si aprirà mai. I compagni, i mari, le avventure si riversano in fondo all’infinito. Nausica indossa l’ombra di Ulisse, ma il suo volto gli sfugge negli specchi delle lunghe ombre della morte. Paride al canto dei guerrieri ha resistenza. Elena è  con Menelao. Priamo è re.
Dov’è l’avversario nobile e tragico delle tue guerre? Itaca è solo un’isola. Penelope si srotola nei giorni di primavera. Il cane è ancora fra i morti. Eolo è ad Est. La gente non fa arte di poesia. Atena si è maritata. I tuoi compagni morti non riprenderanno mare, camminano a distanze ineguali sulla via che hanno scelto.
Un ginepro fa l’effetto di un fantasma. Gli insetti notturni rincorrono stupidamente la luce – muoiono nel coraggio del fuoco della luce che li ha attizzati. Qualche geco forestiero si inoltra nel giardino dei cipressi dalle periferie di muri secchi con allettanti fessure di tane di riposo, tuttavia è sciocco nei suoi tentennamenti di verme solitario.
Qualcuno dice: a presto! Oltre le porte di ferro rosso sono coricati immobili e ben vestiti aspettando la sepoltura.
Nei ghiacciai di memoria quanto ormai è accaduto ha fortuna incerta.
Achille è eroe nei secoli dei secoli. Il forte profumo degli aranci in fiore non giunge e le narici non inonda; di già il cuore è avvizzito dai frutti delle fatiche, l’occhio non è limpido ed è nel vuoto della notte. Le chiome ondose dei guerrieri fin sulle spalle con lo scudo ricamato di vittorie non dà più diletto di avventura.
Le stelle anelano al cielo del piacere e le alcove sono affollate di balsami e di ori.
Ulisse, tu vuoi un poeta affinché la storia incominci, ma la musa non ha più verbo. Vorresti provare ancora per la grande ora della guerra. Ma nessuno veglia più sugli uomini: gli dèi sono stanchi e non proteggono. La storia non ha l’affascinante complessità dell’Odissea. Non ci sono cose da mettere in versi. Già si avvicina l’ora che il trepido fiore teme, poiché ogni fiore non sempre muore sul proprio stelo nel malinconico valzer delle stagioni. Gli altari sono avidi di sacrifici e di tombe. L’orizzonte nell’appagare l’illusione degli uomini trattiene un raggio di sole oblungo che rigetta nel mare per impressionare l’aurora. I venti allora gonfiano d’aria i propri polmoni per disciogliersi su crespe di onde nelle sere di plenilunio, in ore disattese, come tremula seta si veste il mare per gioirsi di bandiere di libertà, la notte con i capelli al vento anima i cuori dei guerrieri innamorati, un sogno cela la luna, tutt’intorno è cielo di gloria, i rematori nel ritmo lento dei remi pregano per un porto risonante di incontri che nei colori dell’azzurro dei grandi firmamenti i cuori bruciano desideri di appelli. 
Questo tempo malinconico, storpio nel cammino verso l’inverno, infruttuoso nel giardino di Epicuro, categorico nelle rigide forme del tempo, sospettoso dell’agire umano, altissimo nelle sfere delle stagioni, debole nelle consistenze di desiderio, qualunquista, senza vendemmia di ricchezza, è colpevole della aridità dei poeti.
La tua Odissea, lasciala così come era, non puoi sostituirla.
Oggi i versi diventerebbero cibo per lucertole di alluminio nel regno dei cammelli orbi e sciancati dei nomadi. Non ci sono poeti. C’è un altro mondo né l’inganno di una invenzione potrebbe ancora funzionare. Non tentare i poeti di oggi: non saprebbero riconoscerti.
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