Alcuni, non tutti, per ricordarli e continuare a leggerli.
Se la poesia non nasce con la stessa naturalezza delle foglie sugli alberi, è meglio che non nasca neppure.
(John Keats, Lettera a John Taylor, 1818)
« Sono cieco e ignorante, ma intuisco
che sono molte le strade »
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« Il più bello dei mari / è quello che non navigammo. / Il più bello dei nostri figli / non è ancora cresciuto. / I più belli dei nostri giorni / non li abbiamo ancora vissuti. / E quello / che vorrei dirti di più bello / non te l’ho ancora detto »
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Alberi
La colomba che preda la festuca
e la porta nel nido invidio, e voi
alberi silenziosi, a cui le foglie,
ben disegnate, indora il sole; belli
come bei giovanetti, o vecchi ai quali
la vecchiezza è un aumento! Chi vi guarda
-verdi sotto una nera ascella frondi
spuntano; alcuni rami sono morti –
le vostre dure sotterranee lotte
non ignora; la vostra pace ammira,
anche più vasta.
E a voi ritorna, amico;
laghi d’ombra nel cuore dell’estate.
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Commosso sulla mia infelicità
Commosso sulla mia infelicità,
felice credo nel conforto della
parola che svela, che degrada.
Temo solo la morte, il puro fatto
della morte. Tutto il resto si gioca.
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L’acquario
L’acquario acceso
distribuisce le rane
tra le cisterne.
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Quei luoghi gentili
E noi li abbiamo lasciati quei luoghi gentili
Con passo pesante, verso il nuovo calvario,
Di qui osserviamo, come chi allo specchio
Veda il proprio volto,
L’umanità suicida.
Capiamo quali spettri orribili
La mano rossa dell’uomo
Sappia fare sorgere.