Sempre fra la gente te ne stai. Svampita. Vuoi fare la donna forte, ma è soltanto posa. Non dai modo di sostenerti e dei giorni allunghi illusioni di destino. Diventi ragazza e corri, eppure non si accordano pensieri di fanciullezza; qualche volta ti capita di commuoverti per un passero che si posa sull’albero del giardino a cantare, poi la malinconia; piangi.
Leggi Baudelaire e sola te ne stai. La poesia è specchio delle notti che ti inseguono e dell’abitudine di sognare ti sottraggono.
Vorresti che qualcuno ti dicesse una parola, ti desse un bacio, un abbraccio, ma non succede e piangi. I tuoi capelli di ghiaccio accarezzano il volto di donna e compensano il dolore dell’inquietudine nelle fantastiche ore in cui ti compiaci della bellezza.
Ogni mattina a pettinarti e a cantare senza capirti, nel tentativo d’incantarti e sorprenderti. Sei dolce come il silenzio del paradiso, amara come l’assenzio dei poeti. Nel costante disordine che c’è in te, che è pazienza di insuperabile e inesauribile voglia di amare, aggiungi ogni giorno un verso d’amore fugge e lo dimentichi, e piangi anche fra le gente.
A volte sei fiume di ciarle e affoghi nelle inaspettate incertezze che qualcuno vorrebbe stringerti al suo cuore.
La rabbia ti prende quando non hai altro piacere se non il sonno. Nel labirinto del giardino di rose sei donna bella e non sai che diavolo fare per avere un grammo di coraggio.
Sempre fra la gente te ne stai ma non hai compagnia e stenti ad accettare l’assurda assurdità delle assenze.
Sei bella, e poi?
Tutti a cercarti, nessuno disposto ad amarti. Quando ti offendi fai i dispetti e conficchi aghi di disperazione nel petto.
Quel giovane straniero ti vuole, ma non gli dai modo di avvicinarti, lo eviti, ti rallegra però il cuore quando passa accanto e vorrebbe dirti qualche parola di approccio. Niente! Ti piace giocare, gli fai intendere con il sorriso di gardenia che potrebbe un giorno accadere l’impossibile mentre guardi gli occhi suoi che vorresti avere.
E poi chiedi perché finisce sempre allo stesso modo. Fai finta di essere contenta in realtà sei triste. La tua storia d’amore è ancora da scrivere: non hai l’inchiostro blu. Sul letto piangi, sei sola.
Ogni giorno muori in un nuovo amore.
De gustibus non est disputandum ti è stata pronunciata alcuni giorni fa e sei rimasta male. Pensi che siano soltanto gli altri a dare? Lo sai che non è così, manca poco per semplificarti e uscire finalmente dall’inutilità delle convinzioni che mordono e lacerano sentimenti.
Oggi c’è un sole impettito, per te. Prova a guardarlo e a sorridergli come non hai mai fatto. La nebbia fitta che pesa sul capo potrebbe diradarsi e rivelare un paesaggio di primavere, di fiori e di cieli tersi e luce piena. Immagina la Parigi dei pittori, la Praga dei misteri, la Roma delle borgate, i poeti della gente per abbandonare il grigiore opprimente dei sensi di colpa. Prova a ricominciare da zero, buttando a mare gli orpelli di presunzione. Salta sul treno che arriva in orario e non ritarda. Quel libro di “ieri” chiudilo. C’è da leggere nuovi luoghi, le cose buone della quotidianità, le parole fresche, gli aromi di gioventù sbocciata.
Apriti lentamente alla luce come il fiore di marzo e godi l’aria mattutina dell’alba delle primavere dei pittori colorate di giallo e di rosso, con i prati senza spigoli e le case inventate.