Il colombo alle prime luci dell’alba tuba in ogni dove dell’abitato. E quel ‘rumore’ ti penetra nelle orecchie sino all’estremo martirio. Nulla può la pazienza e il tentativo di resistergli. Si arriva in cucina ciondolando per preparare il caffè con il televisore che getta notizie su guerra e altro (soliti vizi italici). Non inizia bene la giornata. Si pensa già all’arrivo del tramonto per fare un pieno di bollicine di energia. Luglio esplode nell’afa e rende il fare così gravoso da pregustare e immaginare l’arrivo dell’inverno. L’estate al Sud è frenesia.
Il Salento è mistificato di tradizioni (false e vere), orchestre di tarante e pizziche, tamburi invadenti, rumori di gente, schiamazzi, lettini e ombrelloni a caro prezzo, spiagge affollate di tatuaggi, birre e alcol à gogo, pittule e purpette, angurie faticate di sole, soste vietate, rifiuti sparsi come cimeli sui bordi delle strade, strade cosparse di sangue, treni lumache, alberghi improvvisati, commemorazioni del nulla, celebrazioni fantasiose, premi di ogni genere per tutte le esigenze, orchestre vaganti, bande musicali in giro, inni e canzoni, luminarie da capogiro, luci e ombre contingenti, palazzi decadenti, barocco da sfoggio, statue maltrattate, cani randagi e cacche sui marciapiedi, sagre del peperone e della melanzana per rimarcare la tradizione e la semplicità culinaria (almeno nelle intenzioni), orecchiette e panzerotti lievitati di prezzo, frise e friselline, purpu alla pignata, pesce fresco (mah!), scapece, cantine aperte, fave e cicorie fresche (in che senso!), taralli, pasticciotto, banana di gelato, cozze e linguine per riempire le pance, feste, madonne e santi a passeggio. Tutto è bello nel Salento! Che stranezza!
La giornata inizia e chiede di essere onorata di lavoro. Un salto al bar per rinnovare il rito del caffè e della sigaretta, con i soliti noti da incontrare. Qui in questo luogo si perfeziona lo ‘sguariu’ , abitudine tipica dei salentini a sfottersi a vicenda e ridere dei difetti degli altri, una sorta di ‘malangu’ buono, non necessariamente tinto di livore. Questo siamo noi!
Il Salento è come la donna capricciosa che si tinge di sole e di mare per vendere illusioni, simpatica canaglia che non perdona. Ammalia. Delude. Tutti ne parlano, tutti a tessere lodi, ripescando nel passato cose che non significano più nulla. Serve il raccordo con il passato per delineare una congiunzione incontrollabile di incertezze di tradizioni che si traducono in certezze opinabili e contraddittorie, poiché tutto pare sia cultura e tradizione. Il Salento è un rogo che brucia costantemente, mancano però le fiamme, il fumo c’è. Questo siamo noi! Un tamburo, una pizzica, una pittula e voilà è servita la tradizione. Trastullo di falsi miti e cose inesistenti: produzione continua di ‘arte’ ed eccellenze. Sì, perché al Sud tutto pare sia eccellente.
Poi il resto della giornata va, si contorce, si delinea, si marca di fatica. C’è il tramonto che invece di spegnere attizza irrituali fuochi di svago. Rimane la consolazione che il sole sia in entrata che in uscita è sempre lo stesso. L’eterno ritorno di un mondo che non si conclude in un viaggio interminabile di inutili ripetizioni di costumi e pratiche fuori da ogni logica di rispetto per l’ambiente e la gente. Scorre l’acqua del fiume in un oceano di cui non si conoscono né la superficie né la profondità.
07/07/2023