“C’era un uomo, una volta, che non avendo più fame, mai e mai più fame, tant’erano le eredità divorate, gli alimenti inghiottiti, i suoi simili impoveriti, trovò la tavola vuota, il letto deserto, la moglie grossa e la malaterra nel campo del cuore.

Non avendo tomba e volendo restar vivo, nona avendo nulla da dare e meno da ricevere, mentre gli oggetti lo sfuggivano e gli animali gli mentivano, rubò la fame e se ne fece un piatto, che gli fu specchio e rovina.”

 

(René Char, Poesia e Prosa, Feltrinelli, 1962, (a cura di Giorgio Caproni),  p. 349)

René Char (1907-1988), poeta francese. Nel 1929 esordì con un’edizioncina fuori commercio Arsenal, cui seguirono altre raccolte.

Nella seconfa Guerra Mondiale è stato partigiano con il nome di battaglia Capitain Alexandre,  da questa esperienza scrisse il suo diario della Resistenza i Fogli d’Ipnos. La sua poesia è concreta, aderente alla realtà, seppure non mancano riferimenti all’illusione e all’astrattezza delle cose.

Nota critica di Giorgio Caproni

Perché ho tradotto, o cercato di tradurre nonostante i rischi, René Char?

[…] Sapessi rispondere, saprei definire la poesia di Char: che fra tutte le “poesie” da me lette ed amate in questi ultimi anni, è la più lontana dall’ “idea di poesia” che ciascuno di noi (per tradizione, per educazione, per abitudine) possiede, e la più stretta al cuore della poesia stessa, dove la letteratura o la poesia-che-si-sapeva-già non porgono più alcun soccorso al lettore, e questi, coinvolto da capo a piedi in quei bouts d’existence incorruptibles che sono ipoèmes, rimane perfettamente solo a sentirsi investito d’un potere – d’interiore libertà: d’uno slancio vitale e d’un coraggio morale – che per un istante egli crede di ricevere femminilmente dall’esterno, mentre poi s’accorge che tale ricchezza era già in lui, sonnecchiante ma presente, come se il poeta altro non avesse fatto che risvegliarla, non inventando ma scoprendo; e quindi suscitando un moto, più che d’ammirazione, di gratitudine. Ho sottolineato i tre vocaboli non per ammiccare, ma perché possono essere, penso, tre piccoli sesamo, offerti dallo stesso Char.

Quand on a mission d’éveiller – scrive in uno dei suoi lampeggianti aforismi, – on commence par faire sa toilette dans la rivière. [Quando la nostra missione è quella di svegliare, si comincia col lavare se stessi nel fiume.]

 

 

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