Un imperativo simpatico (non sempre) rivolto alla persona di cui non si gradiscono le opinioni. Va corcate e nu scurciare, vai a coricarti e non mettere zizzania, lasciaci in pace. In sintesi questo è il senso di questo modismo che ricorre spesso nelle conversazioni fra amici, non solo. Poi d’ estate le conversazioni si colorano sempre di modi linguistici piccanti e variegati, c’è più tempo, c’è più sole, ma c’è soprattutto più gente, ci sono più conversazioni che spesso sfociano nell’equivoco e nell’ambiguità. Diciamo conversazioni, difatti assumono la sostanza (forma) di vere e proprie dispute su tutte le ‘questioni del mondo’, non si tralascia niente, ogni piccolo o grande dettaglio viene sezionato dagli esperti delle conversazioni al piccolo gruppo del bar, della piazzetta o della stradina. Si parla animosamente di politica, di vaccini, del problema della sosta in piazza, delle panchine rotte, delle strade al buio, di scarafaggi, di cani, di sirene e campanili, di buche, di malfunzionamenti generali e generalizzati, categorizzati e classificati come pratiche di inettitudine. Si parla più o meno di tutto. Forse è questo il problema, il tutto; poiché nella moltitudine si perde di vista l’unità, la minuzia, l’oggetto del disquisire. Per parlare di infinito, di universi, è necessario prima di ogni cosa intenderci sul ‘luogo‘ da cui partire e dare dimostrazione di conoscere il luogo della conversazione, almeno, al solo fine di non disperdersi in un infinito fittizio, del quale non se ne ravviserebbe la necessità.