Sine sine, none none è un modo di dire che al mio paese ricorre spesso. Esprime un atteggiamento remissivo di una persona nei confronti di un’altra, allorquando la conversazione verte su questioni personalistiche che incipriano il discorso di qualità indiscutibili, eccellenti, non contestabili. Allora l’ascoltatore si adagia alla conversazione senza mai proferire contrarietà a quanto gli viene narrato, magnificato. Indubbiamente, un atteggiamento che conviene all’ascoltatore, poiché mettere in discussione le cose dell’altro sarebbe come ficcarsi in un vicolo cieco con conseguenze imprevedibili. Si sceglie dunque la via di dire sì là dove è necessario dire sì (sine, sine), e no là dove è conveniente dire no (none, none), per non urtare la sensibilità di chi racconta. Un bel modo di uscire dall’impaccio di una conversazione, che quasi sempre è noiosa e fastidiosa, affidandosi al buon senso, lasciando il ‘narratore’ a descriversi e vantarsi come meglio crede, al punto di fingersi ‘fesso’ pur di non contraddirlo. Nel mio paese (Tuglie, posto in quel grande Salento, che molti magnificano a volte anche in maniera eccessiva) è un modismo verbale che precede la modernità e insegue la saggezza di alcuni di allontanarsi dai fanfaroni e postulanti, giacché un minimo di difesa è pur sempre legittima e necessaria, in quanto non sempre si può e si deve rispondere alla sopravalutazione che alcuni hanno di sé stessi. Meglio tacere, anzi dire sine sine, none none.
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