Scurzone, serpente di colore nero, assai comune nei terreni incolti e pietrosi. In passato la gente del Salento riteneva a torto la spina del serpente velenosa. In alcuni paesi del Salento il termine diventa scursune, scurzune, saettone. Deriva da scorsa (scorza) con l’accrescitivo ‘one’ in riferimento alla sua pelle composta di squame. Vi è la credenza, in riferimento all’accoppiamento dei serpenti, secondo la quale pronunciando la frase ‘Monacu cu monaca‘ ingenererebbe ai due striscianti una sorta di ira che comporterebbe un attacco a colui che ha pronunciato la frase. Ovviamente, è solo una credenza smentita dalla scienza, infatti il serpente a differenza dei sauri non ha membrana timpanica né orecchio medio, per cui difficilmente potrebbe ascoltare ciò che verrebbe detto.
Va sottolineato il rapporto che San Paolo intrattenne con i serpenti, considerati repellenti e disgustosi a vedersi ma al contempo esercitanti un fascino ambiguo riconducibile al fenomeno del tarantismo e dell’inconscio. In particolare, secondo le tradizioni popolari, «il morso del serpente è visto come puntura, pungolo, aggressione venefica, pungiglione» (S. Tedesco, Serpi, scorzoni, tarante. Mitologie di San Paolo da Malta al Salento, in www.istitutoeuroarabo.it).
Il Salento fu una tappa di San Paolo, dove giunse a Galatina e avrebbe trovato ospitalità presso una casa (casa di San Paolo) dove vi era un pozzo nel quale il Santo fece confluire tutti li scurzuni del territorio, concedendo una speciale immunità territoriale da ogni sorta di rischio connesso al morso del serpente (o di tarantola).
Si comprende come il serpente, nella fattispecie lu scurzune, sia un essere che congiunge – in un certo modo – l’uomo alla divinità, in un rapporto conflittuale tra la natura dell’uomo e la natura del serpente, dove il morso è quello del peccato che paradossalmente è introdotto nella Legge, la quale ponendo obblighi e divieti annulla la tentazione della disobbedienza. A tal proposito, il filosofo e antropologo Tedesco precisa: «Il morso [pungolo] nella cristologia paolina è un morso interiore, laddove nei contesti pre-cristiani esso era una realtà esterna che colpiva l’uomo per spossessarlo della sua presenza e – appunto – possederlo. Inizia così a risultare chiaro il senso dell’innesto del culto di questo santo all’interno dei quadri di riferimento propri del paganesimo». E proprio San paolo è vittima del morso di una serpe, uscendone però indenne. E da questo miracolo, che sarebbe avvenuto a Malta, allorquando San Paolo veniva avvinghiato da una serpe mentre era intento a raccogliere della fascine per alimentare un falò, s’innesta una serie di credenze e di virtù ‘magiche’ legate al Santo.