Mai pe rinfacciu, ossia non per rinfacciare, intercalare usato abbondantemente nel dialetto a sottolineare il risentimento per qualcosa che si è fatto nei confronti di un’altra persona  e che non ha trovato la giusta considerazione, riconoscimento.

Mai pe cabbu, altra espressione emblematica di un parlare che si accorda verosimilmente alle righe di una sentenza popolare. Un modo di dire frequente che sta a sottolineare l’intenzione di non farsi scherno di qualcosa e di qualcuno, quasi a confessare di non fare un peccato, per mettere in risalto i difetti altrui. Farsi cabbu è paragonabile a bestemmiare, a offendere pesantemente una persona per un difetto fisico. La pronuncia di questo modismo è anche un’altra: nel pronunciarlo si mettono in atto gli scongiuri per liberarsi dalle disgrazie, le quali è sempre bene che appartengano agli altri, mai a sé stessi. Lo scongiuro, la pratica evidente e anche malcelata in tanti rituali che fanno la tradizione e la storia dei nostri piccoli paesi del Sud. Conviene quindi non farsi mai cabbu te ciuveddhri, anche perché lu cabbu e la rogna an facce te ritorna. Ecco la sentenza: mai dunque schernire, poiché lo scherno prima o poi ritorna a colui che l’ha fatto.

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