A Lecce sino agli anni Ottanta girava per piazze lu Ronzu te li nieddhri, così detto perché teneva per ogni dito un anello ed era orgoglioso di mostrarli alla gente. Un personaggio pittoresco, simpatico, sovrano di una certa bellezza, di eleganza e di spirito, signore di Lecce, maestro di retorica, infaticabile organizzatore di tutti gli scherzi, di tutte le burle, di tutte le beffe.
Talvolta, avanzava, verso e per la gente, vestito di scuro, con scarpe nere e la paglietta. Avanzava con le mani per aria, compiacendosi dello sguardo attonito dei passanti. Respirava a pieni polmoni e si gonfiava di superbia. Chi è? Che vuole? si chiedevano le persone. Lui guardava e sorrideva, non si componeva mai di qualche atteggiamento irriguardoso; metallico com’era respingeva con eleganza le manifestazioni di scherno. Lui camminava con i suoi anelli per venderli, meravigliando la gente del posto. Era il centro mediano della piazza, stupiva con il suo passo felpato e principesco. Accorrevano da tutti gli angoli della piazza per conoscerlo, e lui dispensava sorrisi e moine.
Il suo personaggio ha dato adito alla speculazione di affibbiarlo a un individuo fessacchiotto e bonaccione. Ciò accade per presunzione, per negligenza intellettuale, là dove non si sa riconoscere il grano dalla crusca. Lu Ronzu era il mondo vestito di colori, di luce e di spensieratezza. Era il mondo al contrario.