Rocco De Santis racconta che nel giorno di festa della Madonna dell’Annunziata dai paesi vicini venivano le persone per rendere il saluto alla Madonna ma anche a comprare li zozzi te lu Pippi furnaru (Giuseppe Tedesco). Questo dolce  semplice, a base di farina e mandorle ricoperti di glassa fondente al cacao, di colore marrone, sono esibiti sulle bancarelle in tutte le feste del Salento.  Perché ‘zozzi’? Intanto, in altre parti del Salento, della Sicilia e della Calabria, il termine usato è mustazzoli, mustaccioli, scagliozzi, castagnette. A Tuglie prevale ‘zozzi’, presumo perché il loro colore è riconducibile alla sporcizia, tant’è che in gergo si dice ‘sinti zozzu’, per dire appunto sporco. Per quanto concerne gli altri termini, in particolare mustazzoli si ritiene che derivi dal latino mustaceus (Wikipedia), del quale il Dizionario Olivetti riporta ‘focaccia di nozze fatta di farina, formaggio, mosto, anice, e cotta sopra foglie di alloro’, di norma utilizzata durante le ricorrenze e le feste sacre. Una vera e propria attinenza con questo termine appare fragile, stante la preparazione dell’odierno zozzu.

Il giornale La Stampa in un articolo* lo riporta come dolce tipico napoletano che affonda le proprie origini nella cultura contadina campana quando venivano preparati per essere portati in viaggio sfruttando la loro dote di mantenersi saporiti per diversi giorni: il nome Mustacciouli deriva dall’antica usanza contadina di adoperare il mosto per preparare ricette più dolci. Già Catone nel De Agricoltura accenna ad alcuni dolci, i mustacei, a base di farina, mosto, cumino, anice, grasso e alloro, mentre Bartololomeo Scappi, cuoco del papa Pio V, nel XVI secolo descrive in una sua opera la ricetta per la preparazione dei mustacciouli napoletani. Bartolomeo Scappi (1500-1577) pubblicò al termine della sua carriera il più grande trattato di cucina del tempo, che includeva ricette di pasta, torte e altre preparazioni a base di pasta sfoglia e pasta frolla, si può considerare come l’anticipatore della cucina italiana moderna. Risulta chiaro che non sono  solo incerte le derivazioni del nome, ma anche le origini del dolce, c’è chi lo fa risalire ai Romani, chi alla Magna Grecia, chi  alla Campania, come nel caso dell’articolo citato. Sono ancora tante le regioni che rivendicano la paternità di questo particolare dolce: Puglia, Sardegna, Calabria, Sicilia, Lazio  e Lombardia. Rischiamo di perderci, rimaniamo dunque nel nostro paese di Tuglie, dove va anche ricordata l’arte pasticciera della famiglia Ugo Provenzano, che con Antonio Provenzano prosegue nell’attività dolciaria iniziata nel 1920, tra cui lu zozzu.

 

Lu zozzu sopravvive a tutto, non conosce da tempo la festa patronale, sono cambiate molte da cose, però resiste all’emergenza, non pone questioni, morbido e dolce com’è si trastulla nelle vetrine delle pasticcerie. La sua, in fondo, è una ‘storia di pasticceria’ arricchita da aneddoti e leggende, e non ha senso rivendicarne l’origine o porsi domande difficili sull’etimologia, è un dolce ‘nostro’, degli ‘altri’.

 

* Consultabile sul sito https://www.lastampa.it/mare/2013/11/20/news/napoli-il-golfo-sa-di-mustaccioli-br-1.35958590

 

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