Figlio di buona donna. Non è un vero e proprio insulto. Potrebbe intendersi come un apprezzamento, un elogio per scaltrezza, astuzia. Nel dialetto napoletano l’affermazione diventa ‘nu figlio e ‘ntrocchia’. 

Etimologicamente il termine ‘ndrocchia/’ntrocchia deriverebbe dal termine latino antorcula (m), vale a dire fiaccola, necessaria questa a illuminare il posto in cui la donna svolge il suo mestiere. Da antorcula, per metatesi interna, diventa antrocla, per divenire poi nel tempo ntrocchia. Questa è la tesi di derivazione etimologica formulata dallo studioso napoletano Raffaele Bracale nella sua opera Guagliunèra.

Secondo Bracale con l’espressione figlio e ntrocchia ci si riferisce a un giovane astuto e veloce di mente e di azione. Capace di suscitare ammirazione per le sue trovate e per la rapidità in cui mette in campo i propri pensieri al fine di districarsi con disinvoltura nei molteplici problemi che gli dovessero capitare, e trovare al contempo soluzioni ottimali per il proprio stile di vita. Ovviamente, essendo un personaggio che sa adattarsi alle circostanze con disinvoltura e immediatezza desta preoccupazioni per la facilità e la prontezza delle sue azioni che potrebbero causare danni.

Vivacità e bellezza della lingua dialettale nel coniugare umorismo e saggezza.

30/05/2024

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