Un tempo a Tuglie, come in gran parte dei paesi del Salento, c’era lu conzalimbi, colui che riparava lu limbu: un catino di terracotta oppure in ceramica (smaltato all’interno). Il termine limba, anche Limma – in uso in altri paesi –  stava ad indicare il catino di metallo smaltato che serviva per lavarsi il viso. Questi conzalimbi, artigiani del passato, non avevano una bottega, né un luogo stabile dove riparare gli oggetti, lo facevano per strada, annunciandosi  da soli alla gente. La parsimonia della cultura contadina imponeva di conservare quanto più possibile gli oggetti e possibilmente ripararli. Li conzalimbi per le riparazioni disponevano di calce (o cemento), una tenaglia, filo di ferro, e un aggeggio chiamato trapanaturu. Con questo attrezzo si praticavano due piccoli fori nella terracotta da riparare, dopodiché si faceva passare tra i due buchi corrispondenti un filo di ferro (lungo all’incirca dieci centimetri). Infine, i due buchi venivano fissati con delle graffette di ferro e infine si sigillava il tutto con la calce o il cemento.

 

                     (Trapanaturu)

 

                        (Limba)

 

(Immagini tratte da: Brundarte di Francesco Guadalupi – Arte e storia di Brindisi – http://www.brundarte.it/2015/10/23/cose-e-oggetti-del-nostro-passato-per-non-dimenticare/)

 

 

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