L’invidia è uno dei sette vizi capitali. È un malanimo provocato dalla constatazione dell’altrui prosperità, benessere, successo. Il dialetto salentino la esprime con cavaddhu castimatu nde lusci lu pilu. Come a dire,  l’invidia scaricata su di una persona non fa altro che ottenere risultati opposti a quelli desiderati.

L’invidia tutti la provano, nessuno la confessa. L’invidioso si morde l’anima per la rabbia, stringendosi nella stessa morsa dell’invidia che prova nei confronti di un altro. Quando al mondo appare un genio, potete riconoscerlo da un segno inequivocabile: tutti si coalizzano contro di lui (J. Swift, Viaggi di Gulliver).

L’invidioso soffre, gode soltanto in quell’attimo in cui volge il suo sguardo maligno contro qualcuno. L’invidioso ha due elementi disonorevoli: l’ammissione di essere inferiore e il tentativo di danneggiare l’altro senza gareggiare a viso aperto ma in modo subdolo. L’invidia è caratterizzata dall’ostilità nascosta verso l’altro. Tradizionalmente si teme proprio lo sguardo malevolo dell’invidioso: non  a caso invidia ha la stessa radice latina di videre, vedere. Ricordiamo che Dante mette gli invidiosi in Purgatorio, con le palpebre cucite da fili di ferro, così da rendere lo sguardo inoffensivo e farli patire della cecità.

L’invidia colpisce tutti: parenti, compagni di classe, amici, colleghi. È socialmente distruttiva. la persona invidiosa è potenzialmente pericolosa. È dolorosa per sé. Chi la prova si accorge di essere perdente, non adeguato, inferiore. All’invidia è collegato anche un piacere maligno, ovvero la soddisfazione davanti alle disgrazie altrui.

L’invidia è un brutto affare. Altro che ama il prossimo tuo come te stesso. L’invidioso è sempre in agguato con i suoi sguardi malevoli e le sue dicerie per abbattere l’integrità morale di una persona. Egli è sempre vicino, ti sorride, ti dichiara fedeltà, ma il suo cuore è un vulcano che erutta lava di cattiveria. L’invidioso non accetta il proprio destino, al suo posto subentra la sofferenza di una nevrosi. Difatti, è meglio vivere quel che si è e accettare le difficoltà che ci attendono, perché sfuggirvi è molto peggio. L’invidioso bestemmia il cavallo, lo bestemmia così forte che il cavallo reagisce con l’energia che si ritrova, diventando più forte e più inattaccabile. Perché questa similitudine con il cavallo.  È l’animale gradito agli dei, elegante, il più elegante fra tutti gli animali, buono. Non a caso nella tradizione popolare il ferro di cavallo è considerato un portafortuna.

L’accostamento con la magia dello zoccolo è riconducibile al:

  • Metallo, amplificatore di energie magiche.
  • Fuoco: la forgiatura avviene con il fuoco e quindi indica negatività.
  • Chiodo: i chiodi annullano l’effetto delle negatività del fuoco.

La forma del ferro (zoccolo) simboleggia un “rituale” di ritorno, in cui ad un inizio segue un ritorno (via d’uscita).  La sua forma a “u” sta ad indicare il rigetto della sfortuna. Nel Medioevo veniva posto all’esterno delle case, in modo che l’invidia, pettegolezzi, maldicenze, liti e altre forme di sfortuna, inviate da terze persone, non entrassero in casa.

La vita degli invidiosi non è per niente facile, anzi tutto ciò che essi rigettano di brutto sugli altri, ritorna poi a loro stessi con una violenza tale da distruggerli e farli cadere nelle peggiori disgrazie. Gli invidiosi sono facilmente riconoscibili. Vanno isolati. Fare in modo che si crogiolino nel loro stesso male. Diventeranno rinsecchiti, brutti e storpi. Proveranno con  tormenti d’animo il male dispensato volutamente. Patiranno il martirio delle frecce di giustizia. Moriranno dannati.

L’invidioso è affetto di cecità: luce di morte che esclude dall’orizzonte il cielo magnifico del Bene. Non godrà mai di nulla. Vivrà per consumarsi come fiamma di cerino. Vagherà per sempre nella nebbia, la sua dimora sarà il nulla. La sua lingua di ghiaccio, fendente di maldicenze, si sbriciolerà nel suo stesso male. Il suo respiro diventerà piombo.  I suoi occhi stagni per i vermi. Le sue braccia si trasformeranno in artigli del diavolo. Le sue gambe. Un montagne di dolore.

L’invidia appartiene al male. Una struttura che si genera nel soggetto spandendosi in valori contrapposti al Bene. È dire: ti maledico perché tu hai ciò che io non ho. Nella Bibbia scopriamo che è per invidia che la morte è entrata nel mondo. I successi militari di Davide provocano invidia al re Saul. Gesù Cristo elenca questo vizio insieme ai peccati di fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, calunnia, superbia stoltezza (Marco 7,21 – 23). 

L’invidia è la maschera dell’anima di molti, che non scoprirà mai il suo volto di demone.

04/07/2023

S.R.

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