Armèculu è il nome dialettale del corbezzolo (Arbutus Unedo). Il termine Arbutus proviene dalla lingua celtica dove ar sta per aspro e butus per cespuglio. Unedo deriva dal latino unus, ovvero uno, ed edo per mangio (unum tantum edo, ne mangio soltanto uno). Perché soltanto uno? La risposta ce la dà Plinio il Vecchio*, il quale non apprezzava il gusto dolciastro e un po’ acido del corbezzolo e quindi non ne avrebbe mai mangiati più di uno! Il corbezzolo è una pianta tipica della Macchia mediterranea, di forma cespugliosa o ad albero, fiorisce in Autunno, il colore varia tra il bianco, rosa, rosso (quando è maturo).

Secondo il Rohlfs il termine dialettale deriverebbe dal greco μιμαιχυλον. Altre varianti: urmèculu, purmèculu, furmeculu.

Secondo la leggenda il corbezzolo è considerato come un augurio d’immortalità ed eternità. Infatti, nei Fasti di Ovidio si racconta che un bambino, Proca, mentre dormiva veniva assalito dalle Strigi (uccelli notturni di cattivo auspicio) che si nutrivano di sangue e carne umana. La nutrice prontamente invocò la dea Carna, protettrice dei neonati. La dea usò un ramo di corbezzolo per toccare la porta della camera e renderla inaccessibile, inoltre offrì alle Strigi carne di maiale per allontanarle dal lattante.

Virgilio nell’Eneide riporta l’usanza di depositare rami di corbezzolo sulle tombe. Si dice che porti fortuna tenere appeso in casa un ramoscello di corbezzolo con tre frutti, considerato come pianta magica protettrice delle case, capace di scacciare negatività e creature demoniache.

Dal corbezzolo deriva anche un’espressione popolare di meraviglia scherzosa ‘Corbezzoli!’, per ulteriore eufemismo da corbelli!

 

 

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