Il dubbio è (quasi) amletico. Chi dei due è il vero Vanini? Mario Carparelli sembra essere in estasi. Vanini pensieroso con rughe vergate sulla fronte come solchi che mettono in dubbio l’autenticità del ritratto, infatti appare improbabile, data la sua giovane età, abbia rughe così marcate. Due santini? Due imputati in attesa di giudizio? Entrambi salentini. Guardati però a vista dalla Santa Inquisizione. Pericolosi, irriguardosi e abituati come sono a scompigliare dogmi. Dannati, intelligenti, aristocratici con vizi e debolezze, ma tendono entrambi essenzialmente al bene dei più.
Dire che siano simili o far passare a tutti i costi l’idea che si assomiglino sarebbe un inganno, più giusto affermare che l’uno contiene l’altro nella perfezione, non somatica, ma del pensiero, del carattere e del modus vivendi. Orecchie e sopracciglia sono identiche, la fronte spaziosa di Vanini adornata da riccioli si contrappone a quella di Carparelli che è decisamente moderata e ben disegnata, il naso di Vanini è lungo e oltre la mediana del viso, diciamolo pure è “bruttarello”. Mentre Carparelli fa un figurone con quegli occhi profondi e ammalianti che prevalgono per bellezza e tenuta.
La foto non dà grazia a questo filosofo taurisanese, in essa è ritratto come un cancelliere tedesco; un uomo che ha un sacco di pensieri per la testa; un mercante veneziano; un ispettore di polizia austriaco; un precettore inglese. Lui che era elegante nel pensiero e nella forma concettuale per decapitare credi e false interpretazioni teologiche, brillante, risoluto e coraggioso, non può essere ricordato con una foto che certamente non è la sua.
Sia fatta quindi giustizia. Sia data a Vanini l’immagine che gli spetta di diritto. Stia pure accanto a Carparelli per l’iniziazione di un nuovo culto, ma venga ristabilita la verità sui tratti somatici di Giulio Cesare Vanini.