Questo mio Sud

           Soffro dell’inarrestabile scorrere del tempo. Degli infiniti, dei miei infiniti, sono innamorato. In questa mia terra di fuoco, ho l’inferno accanto ogni momento. Assorto nelle mie cose di sempre, monotone, acquasantiere dei desideri, non m’accorgo degli orologi perduti. Ho il fiato corto quando percorro la via dei fichi d’india rossi tra le campagne;  talvolta prenderei a pugni – se potessi –  l’afa ingorda d’umidità. Spunterà il tempo di un’altra spiegazione per questi palazzi morti in lontananze bianche di case arroventate. Questo mio Sud è palude della voluttà, stagno di apparente serenità, un fiore vizzo. Si è inebriato di cemento e catrame. Troppa pizzica aumenta il glucosio, le albe particolari di una volta sono diventate acerbe ipocrisie, le narici si saziano di rumori, il mare è lento e fulvo, la gente impomatata, i cieli ocracei.

            Ho paura di questo mutamento. Resterei volentieri fra i significati cari di un tempo, che mi sembrano ancora buoni. Attendo che il senso si dissolva come le nuvole e ricada come acqua affinché possa riassaporare  un ritorno. Questo Sud mi fa deglutire sogni amari tanto da invocare l’insonnia. L’isteria dell’aria gonfia a tutti i costi è nota ormai anche agli occhi di Dio. È davvero così facile nuocersi che non vi è alcun bisogno d’aiuto. È difficile raccontare. Impensabile farsi ascoltare. Le lamentazioni sono urticanti.

            Questo mio Sud di oleandri smorfiosi, di strade contorte, di carnai di spiagge, di venti superbi, di palazzi signorili, di prigioni delle musiche, di parcheggiatori abusivi, pescatori fraudolenti, non mi piace. Vorrei guardare l’orologio del campanile di un paese per rivedere dolcezze verginali. Vorrei che la gente non fosse compulsiva nel passeggiare indifferenti avanti e indietro, vorrei che le signore fossero ancora signore e i signori vestissero abiti impeccabili.

            Questo mio Sud è come il notabile del paese che ha perso il cappello e le ricchezze e non gli è più permesso di passeggiare. S’inventa allora stranezze pur di raccogliere un simpatico sorriso, ma il volto è vuoto, senza lineamenti né ricordi: vestito già per la bara.

            Questo Sud segue vie strane. S’immagina d’essere donna bella e seducente. Vorrebbe che il giorno iniziasse come primavera, sognando poeti di luna e di mare, inventando giochi come i bambini. Questo Sud dovrebbe togliersi il tanfo del modernismo e ritrovarsi vecchio ma con il sangue forte nelle vene.

(Pubblicato in Il Paese nuovo – Pagine di cronache, culture e riflessione politica, prima pagina, 04 agosto 2013)

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