Il fascismo è l’altra faccia, quella negativa, del grande moto rinnovatore del mondo (A. Moro)
Resistenza è il termine che contraddistingue l’anniversario della Festa della Liberazione del 25 aprile.
La Liberazione mette fine a venti anni di dittatura fascista e a cinque anni di guerra.
Nell’Italia occupata dai nazifascisti viene formato nel 1943 un organismo clandestino denominato Comitato di Liberazione Nazionale, composto dagli esponenti di sette partiti che si sono costituiti (o ricostituiti): si tratta del Partito d’Azione (PdA); della Democrazia Cristiana (DC) che si propone come erede del Partito popolare; del Partito socialista italiano di unità proletaria (Psiup), che rappresenta l’area socialista; del Partito repubblicano italiano (Pri), erede della tradizione mazziniana; del Partito liberale italiano (Pli); del Partito democratico del lavoro (Pdl), un piccolo partito fondato da Ivanoe Bonomi; del Partito comunista italiano (Pci).
Nella primavera del 1945 l’offensiva partigiana si affianca a quella degli Alleati, contribuendo notevolmente alla sconfitta dei fascisti e dei nazisti. La Resistenza rappresenta la ribellione della popolazione italiana alla dittatura fascista e all’occupazione feroce dei nazisti.
(Truppe tedesche sfilano a Bari)
Il regime fascista crolla nel 1943 per un colpo di stato al quale partecipano il re e diversi esponenti del fascismo. Mussolini viene arrestato e i poteri passano a Pietro Badoglio. L’Italia è al collasso. Troppe le sofferenze che le famiglie italiane devono sopportare.
La storia della Resistenza è complessa e per certi fatti appare ancora nebulosa. «Sulla storia dei partigiani, quella del riscatto morale contro l’abiezione del fascismo e del nazismo, si posa ciclicamente una coltre di frasi fatte, facilonerie, mistificazioni, sollevate anche dal vento di libri di successo che durano una stagione. Una patina che rischia di inspessirsi via via che quei giorni si fanno più lontani: un brusio di fondo che, ogni volta come se fosse la prima, millanta “un’altra verità”, “quello che nessuno ha mai avuto il coraggio di dirvi” e intanto dura da ottant’anni» (D. Pretini, ’25 aprile Resistenza, la guerra obbligata dei partigiani: come e perché i ‘buoni’ furono costretti a scegliere il rischio di uccidere’, Il fatto Quotidiano, 24 aprile 2021).
Vi è poi la perenne disputa sulla parola ‘antifascismo‘ che infastidisce alcuni e inorgoglisce molti. Sui partigiani si posano etichette che hanno lo scopo di screditare la Resistenza. Alcuni epiteti: fanatici, violenti, bande di cialtroni, dissennati provocatori che si facevano scudo dei civili, ruba galline, assassini.
Qual è dunque la posizione da assumere per porre fine al gioco sporco che viene fatto da una parte politica sulla Resistenza e sui partigiani? Certamente è necessario ‘conoscere ciò che è stato’, ‘farsene carico’. Non basta una celebrazione! L’Italia in cui si muovono i partigiani è devastata da una violenza diffusa in cui il regime fascista per oltre vent’anni ha incardinato la cultura della sopraffazione declinata nel ‘Credere, obbedire, combattere‘. Quindi, accusare i partigiani di violenza significa annullare la differenza delle motivazioni: i tedeschi e i fascisti non buttavano rose sui civili, feroci com’erano seminavano morte dappertutto. I partigiani non creano la violenza, già esiste per mano dei nazifascisti, sono costretti ad accettarla per scardinare il regime fascista e l’occupazione nazista. La violenza nazifascista non esiste perché esistono i partigiani, è in atto perché il disegno politico dei dominati è di imporre una sanguinosa dittatura.
Durante la Resistenza i nazifascisti compiono rastrellamenti, esecuzioni di ebrei, effettuano operazioni di controllo che puntualmente trasformano in stragi, il sangue scorre veloce per le vie delle citta e campagne. Muoiono bambini e vecchi, giovani e donne. Indubbiamente, tra l’aprile e il maggio 1945 (insurrezione generale) si decide la battaglia finale al grido di ‘arrendersi o perire‘ pronunciato da Sandro Pertini. Si istituiscono tribunali di guerra e si celebrano processi sommari e nessuno può più controllare il sentimento umano di rabbia della popolazione civile nei confronti degli oppressori. Scrive Chiara Colombini nel suo libro Anche i partigiani però… «Irrompe sulla scena la folla e c’è di tutto. La popolazione atterrita dalle bombe, esasperata dalle privazioni provocate dalla guerra, terrorizzata a causa delle angherie di nazisti e fascisti, devastata dai lutti».
I nazifascisti compiono spietati atti di ritorsione contro i partigiani nei villaggi e nelle città. A Roma nel 1944 vengono fucilati 335 detenuti come reazione a un attentato in cui muoiono 33 soldati tedeschi. Lo scopo di tali ritorsioni è di attizzare l’odio della popolazione civile contro i partigiani, ma deve anche servire come mezzo di pressione sui ribelli.
Secondo Claudio Pavone (1920-2016), storico, partigiano, docente, il conflitto che vede contrapposti partigiani da un lato e reparti nazisti e fascisti-repubblicani dall’altro contiene in sé tre diverse esperienze di guerra: una guerra civile, una guerra patriottica e una guerra di classe. Guerra civile perché italiani combattono contro italiani. Guerra patriottica perché i partigiani combattono per l’allontanamento delle truppe di occupazione tedesca. Infine, la presenza di partiti che si ispirano al marxismo – socialisti e comunisti, in particolare – fa della Resistenza, almeno potenzialmente, una guerra di classe.
Michela Ponzoni in Processo alla Resistenza. L’eredità della guerra partigiana nella Repubblica 1945-2022 afferma che la Resistenza è un’imputata a vita; non ha mai cessato di essere messa sotto accusa, non nelle aule giudiziarie, ma nel dibattito politico. Al contrario di quanto accadde ai fascisti, a cui non fu lesinata indulgenza, i partigiani furono perseguitati con durezza.
Aldo Moro considerava il fascismo un pericolo anche in età repubblicana. Secondo lo statista anche dopo il 1945 molti italiani non avevano mai preso le distanze dal fascismo, anche tra gli elettori della DC; un importante partito politico, il Movimento Sociale Italiano, aveva radici nella Repubblica di Salò. Nel dopoguerra molti partiti europei si ispirano al neofascismo. Moro dunque era convinto che il fascismo continuasse a essere presente e che costituisse ancora un pericolo. Nel 1959 divenuto segretario della Democrazia Cristiana , impresse alla politica del suo partito una forte impronta antifascista. Era profondamente convinto che tra il centro e l’estrema destra dovesse intercorrere una netta separazione.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale si allestiscono processi di ogni sorta, arrivando a processare chi ha arrestato un collaborazionista per sequestro di persona. Nel 1948 il ministro della guerra di Mussolini a Salò, Rodolfo Graziani, criminale di guerra, torna libero. Il clima è caldo. Il ferro rovente si batte come si vuole da parte di tutte le parti in causa. Si cerca di proseguire il cammino della storia di un’Italia liberata ma ancora nelle mani della burocrazia fascista per quanto concerne l’amministrazione statale.
La Resistenza è un fatto storico di notevole importanza che ha contribuito a ristabilire le sorti d’Italia. Va dunque esaminata con equità e distacco – come propone Pavone – in riferimento alle motivazioni politiche ed etiche sia dei partigiani sia dei combattenti della milizia fascista-repubblicana. Ciò non significa che il contenuto etico delle due posizioni sia equivalente; significa che si devono ricostruire con eguale curiosità e attenzioni le motivazioni e il mondo etico in uno specifico contesto storico. Anche perché i luoghi comuni e le falsificazioni continuano a rafforzarsi a dispetto di ogni prova contraria.
A distanza di ottanta anni ancora oggi il 25 aprile non è una giornata di memoria comune. Le narrazioni sono tante e diverse. Va invece dimostrata la riconoscenza verso tutti gli italiani che si ribellarono al nazifascismo e a tutti i militari italiani che con coraggio si ribellarono al regime fascista. Respiriamo libertà e non ci rendiamo conto del sangue versato per ottenerla. Avremmo noi oggi lo stesso coraggio di quei nostri concittadini? Ferruccio de Bortoli ammonisce: «Oggi 25 aprile, così febbrile per il concentrarsi di polemiche già destinate, da domani, a un precoce oblio, dovremmo fare un piccolo esercizio: recitare una sorta di preghiera laica. Qualunque sia la nostra opinione. Andare a rileggersi gli scritti di chi stava per dare la propria vita alla Patria (concetto sul quale siamo tutti d’accordo, vero?) e aveva perduto ogni speranza. Nella consapevolezza però che il proprio sacrificio non sarebbe stato vano. Uomini, donne persone di ogni ceto e di ogni età: Parole strazianti, profonde, di grande amore per l’Italia. C’era anche chi chiedeva perdono per il dolore che avrebbe inflitto ai propri familiari» (Corriere della Sera, 25 aprile 2024).
Il passato è ancora intriso di dolore. La Resistenza antifascista non appartiene soltanto a una determinata fazione politica, appartiene a tutti gli italiani.
25/04/2024