Nel costruire ogni giorno il mio futuro non guardo a me stesso, sarebbe come pensare di essere la cosa più importante dell’universo.

La mia generazione, non avendo subito la tragedia dell’ultima guerra e le conseguenze morali e finanziarie che da essa sono scaturite, non ha saputo costruire il presente tenendo d’occhio il futuro. Il vivere di questi ultimi cinquant’anni è scandito da forti egoismi e pretese di affermazioni sociali che hanno sotterrato ogni valore umano ed etico.

Vivere da nababbi, oltre ogni misura, senza limiti, senza scrupoli, senza propositi, senza un pur minimo di consapevolezza del fare.

E i guai ora non si contano. Risulta complicato quantificare i debiti, quasi impossibile annullare le perdite finanziarie, un miracolo salvare il posto di lavoro, un miraggio il lavoro per i giovani. E il prezzo più caro lo pagano proprio loro, destinati a una eterna precarietà.

Diciamocelo pure che nella frenesia di vivere il presente ci siamo dimenticati del futuro. E oggi ne paghiamo le conseguenze. Tutti.

La politica ha fallito: non ha saputo interpretare i cambiamenti né dare una dritta alle devianze del vivere. Le pagine della politica evidenziano chiacchiere, risse, parolacce, minacce, vendette, potere. Siamo seduti su una polveriera che da un momento all’altro può scoppiare.

Un passo indietro. Forse due, tre, mille. Ma bisogna farli. Bisogna ritornare sui nostri passi, capire che così non va bene e rimboccarci le maniche con umiltà senza rancori né odio.

Ai nostri figli abbiamo voluto fare credere che il mondo fosse una favola, dove tutto sino alla fine dei giorni sarebbe stato possibile e consumabile all’istante per appagare vanità e superbia.

Siamo corpi mutilati. Le ferite sanguinano per la nostra dabbenaggine e un pronto soccorso non c’è. Bravi a rinfacciare agli altri le colpe. Stupidi a non razionalizzare il nostro tempo. Abbiamo smesso di educare, di indirizzare le giovani leve; abbiamo fatto tutto, ma proprio tutto, per immolarci all’egoismo e all’effimero.

Siamo ciechi. Gli occhi vedono noi stessi. Non riusciamo a volgere lo sguardo a un altrove. Vediamo la lista dei nostri desideri da esaudire. Cinici, brutti dentro e fuori: non basta il gel sui capelli e l’orecchino per essere moderni. La modernità è ben altro. Lo sappiamo ma facciamo finta di non sapere.

Crisi. Abuso di una parola? Che ci sia è innegabile. Si respira nell’aria. È tracciata sui volti della gente. Non è immaginaria: c’è. Lo si capisce dal fatto che tutti sono nella confusione e fuori controllo.

Accade sempre quello che ci meritiamo. Non serve appigliaci a scomode teorie fantasiose improntate su studi sociologici. Serve semmai approdare a un nuovo porto e da lì tracciare una nuova rotta per consentire al futuro di apparire all’orizzonte. Intenzioni serie, quindi, consapevoli di sbarazzarci di comportamenti non più sostenibili. Serve buttare a terra i castelli del superfluo, aggiustare il passaggio di questa fase dolorosa che stiamo vivendo. Propositi seri e concreti.

Il futuro ci attende con pazienza. Saremo capaci di farci accogliere?

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