Vorrei pensare di non comprendere che cosa sia la critica, per rendere la mia mente scevra da condizionamenti e concetti preconfezionati. Vorrei ancora immaginare che la critica fosse un esercizio intellettivo capace di discernere qualità intrinseche dell’oggetto su cui si intende porre un’analisi comparata con i giusti canoni di riferimento, facendo uso esclusivo della ragione, tralasciando le influenze interne ed esterne, avendo cura di estraniare l’analisi dal contesto generale, ponendo l’attenzione sugli aspetti originali della scrittura.

In fondo la scrittura è l’arte di narrare le cose, gli eventi, i fatti  dell’uomo e della vita e come tale deve essere assoggettata alla critica di coloro che abbiano  le credenziali, l’autorevolezza, la libertà  per una valutazione onesta di essa. Un po’ diffido degli accademici che all’ombra riparatrice della cultura catalogano, sputano critiche intrise a loro volta di criticità, giudicano pur non avendo compreso cosa giudicare, celebrano e massacrano secondo criteri che esulano da ogni principio di giustezza. Però è fondamentale che la critica ci sia: deve svolgere il suo ruolo di indagine e di comprensione della scrittura,  scoprirne le originalità, le innovazioni linguistiche ma anche intellettuali. Deve rappresentare una sorta di controllo sull’attività culturale di singoli autori o periodi storici affinché sia dedotta la  relazione e la comparazione con il passato e il presente. La critica si sviluppa e accentua il suo peso in riferimento al passato, a ciò che è stato e comunque potrebbe esserlo nell’immediatezza di un presente, magari reso intenzionalmente atemporale per conferirgli maggiore consistenza e lunga durata. Con la critica qualche volta si gioca a spettacolarizzare l’opera, rinunciando di osservare con gli occhi della verità, inficiando l’aspetto peculiare di essa. La critica ha un valore se il percorso d’indagine che la determina corre su binari paralleli di onestà intellettuale e di capacità di intravedere nell’opera percettibili segnali di rinnovamento linguistico ma anche la bellezza delle parole che sapientemente costruite dall’architetto-scrittore suscitano principalmente attenzione e convinzione che si stia leggendo qualcosa che va oltre i confini delle strutture letterarie di riferimento. Il critico è  lettore, colto, dotto, che deve sapere sviluppare una capacità incondizionata di indagine. E’ il magistrato delle parole.

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