In Altri Versi, l’Autore, in sei diverse sezioni idealmente divise tra indagine introspettiva e storica coscienza delle proprie esperienze, affronta per primo il tema del dubbio che definisce perverso (La perversione del dubbio) perché figlio di speranze e disillusioni, di sospetti di identità e di contraddizioni, di sete di risposte e voglia di non domandare.

Un percorso introspettivo che alle asperità dei dubbi unisce l’innocenza dello stupore e che al gorgo della discesa nel proprio profondo accomuna il desiderio di una semplicità ristoratrice insieme alla sorpresa di “ritrovarsi nelle parole di uno sconosciuto”, come comprova dell’universalità dell’umano sentire.

E alla tortuosa e dolorosa esperienza di ricerca per riconoscersi in un mondo senza occhi e con finestre cieche oppone il desiderio dell’anonimato di una “identità sospesa nell’idea di un dio

E poi il dolore. Dolore che è elemento necessario a questa ricerca di significati esistenziali, necessario ma non irrinunciabile poiché il sollievo è spontaneo come nel cedere il sonno per la vita in un modo che l’Autore definisce fantastico, il fantastico mondo della vita.

La sezione si chiude con due poesie che ho letto come conclusive di queste prime due parti del volume.

La penultima, (Cercava la melodia del silenzio) che evidenzia un netto cambio di registro comunicativo mediante una poeticità più lieve, più sonora, più ritmica che al dolore sostituisce la malinconia di una negazione del risultato cercato, pur mantenendo la solidità della convinzione della ricerca.

L’ultima (Il preludio della fine) che è rivelatrice secondo una sorta di abreazione emotiva che tra malessere fisico e psicologico arriva ad una conclusione che è solo l’inizio di una nuova modalità di esistenza: “ora so di non essere quel che ero”

Infine il tema del Divino conclude questa prima parte interiore del viaggio poetico dell’Autore, che rispetto alla fede ed alla religione diviene giudice severo di quanti ipocritamente la sviliscono con le quotidiane contraddizioni tra intento ed azione, tra amore e d egoismo, ponendosi intimamente come colui che non avendo chiese per pregare attende “un segnale divino per pregare davanti all’altare dei miracoli senza il dolore della speranza”

Gli elementi stilistici di questa prima parte ideale (le prime tre sezioni) del volume sono rappresentati da un lessico letterario che propone vocaboli non ricercati e da uno stile essenziale con morfologia e sintassi ordinata in cui alcuni campi semantici ricorrenti sono il sogno, il dolore, la speranza, la memoria, in un contesto che spazia tra metafisica e filosofia, tra intellegibile e solo percepito.

Nella seconda parte l’Autore, svela le radici proprie e della propria terra, non abbandonando la severità rispetto a certe tradizioni quasi tribali e superstizioni che in passato hanno mistificato, sofisticandolo, il senso religioso e la stessa fede nel Dio, da Egli, costantemente atteso e cercato. Amato.

Stefano Cona

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