Sono nato nel Salento perché là vivevano i miei genitori, ma non potevo adattarmi a quella vita: là andava tutto a un passo troppo lento. Oggi le cose avvengono troppo in fretta con cantori di sole e di mare. In passato troppo poco, adesso troppo di ogni cosa. Il Salento non trova mai il passo giusto del tempo. Fare troppo e in fretta si muore, come di troppo poco. Il tempo decisamente non è per il Salento, dove in ogni luogo anche le pietre trasudano storie realizzate in fretta. Un tempo era il luogo della semplicità, del lavoro e delle tradizioni. Poi tutto veniva trasformato in un’idea di modernità che avrebbe dovuto portare innovazione, invece ha arretrato anche il tempo su posizioni vulnerabili di esistenza.
Quale magia rimane? Nessuna! Musica e mare dappertutto, ristoranti sugli scogli, baracche di divertimento in riva al mare. Il tempo, quel tempo di primavere e di autunni, non c’è più. L’atmosfera è plastica e di idiozie variegate che sopravvivono per inerzia in un contesto che ha perso la direzione del vento e del tempo. Confuse si muovono le ore dell’orologio nelle tattiche degli influencer (che brutta parola) e nelle danze della pizzica. Tutto pare sia tradizione! Tutto è fatto, così si dice, per il bene del Salento. Eccessi e riti ‘magici’ per inventare l’inesistente e innalzare costruzioni concettuali del nulla, del non detto, del non verificato. Il tempo nel Salento non c’è più. Quel tempo adattabile alla vita di paese è soltanto un ricordo, permane il capriccio di dare consistenze di cose futili e inutili. L’idea che troneggia è la competitività, con il pensiero di dover combattere contro il prossimo. Ovunque regnano gelosia, sospetto, rabbia e invidia. Fottuta grandezza che miete e uccide le cose buone di un tempo, cambiando il registro e il peso della storia.
11/03/2024