La testa è piena di pensieri come un paniere di uova che temono l’urto. Le ore vanno e vengono, sempre le stesse con gli stessi orari, mai a cambiarsi in tempo, rigide, sospettose, colme di secondi, sputtanate, melanconiche; ogni metà di tempo si congiunge con le lancette: unico approccio di felicità.
La testa è piena di tempo sospeso sugli appigli di coscienza, vacillante negli aggiustamenti comodi, immobile nell’indecisione. Non riesce a svuotarsi. L’orologio sogghigna e non perde un minuto, anzi rammenda gli attimi con il filo della dell’abbondanza di tempo.
La testa ha il mal di pensiero. Il dio della narrativa non manifesta il fuoco e le cose non appaiono lucenti. Cessazione dell’agire per manifesta zizzania della coscienza, e i nugoli di fumo addensano le zone chiare, poche, della mente, che pare siano portate a fluire nell’incendio per favillare fra sorrisi e schiamazzi di desiderato suicidio come Empedocle che quando finalmente le fiamme lo raggiungono ride forte, come non ha mai riso in tutta la sua vita.
Un pezzo di lingua muove parole di un reliquiario di pensiero, un sussulto prima che la bocca diventi un serraglio, estremo tentavo di contrapporre un’ultima idea per una bella teoria e nessuna opera valida.
La testa è piena per una catastrofe generale e non vi è nulla di male a pensare di aderirne. Cedere alla pienezza è come capovolgere la fine dell’inizio.