Pensiamoci su. Non possiamo indugiare. Le questioni si fanno in quattro, si moltiplicano di giorno in giorno. Siamo immersi nell’imbuto del tempo e il tempo non è più quello della rivoluzione, bensì della rendicontazione. Pensiamoci su. I fatti ormai sono fonti preziose per accostarci alla sintesi originale di vita. I frutti tarderanno a germogliare ricchezza, oramai si gareggia nel remoto di corse solitarie. La corsa non è più lunga e gli affanni si sentono con peso. Il cielo non  appare più lo stesso e l’infinito pare finito. Il grande sforzo di tutti questi anni sbriciola la mia ambizione di definire le cose, ma in particolare il bene e il male. Abbiamo perso tempo nelle illusioni e nei giochi della sintassi, abbiamo accumulato più interrogativi, abbiamo lasciato sfuggire altrove gli aggettivi e gli esclamativi, la verità è l’inganno veritiero di noi stessi nell’intento di una storia estrema che non ha potuto concludersi e ha prodotto inutili verbi di esistenza. E questa esistenza si assottiglia, sfugge.

La realtà è la tragedia che mostra un’altra realtà. Gli eroi sono incerti in un mondo opaco, non sanno più dove andare, cosa decidere. in che modo comportarsi. Siamo costretti ad agire, anche a costo di sbagliare, poiché solo in questo modo possiamo  rivendicare la dignità, dare un senso a quello che siamo, reclamare una libertà.

Siamo nella tragedia: gli eroi nella tragedia non sono mai la soluzione, sono il problema fintantoché vivono.  Nietzsche considerava Euripide colui che aveva affossato la tragedia, penso che Euripide con le sue trame contorte e appuntite, sino a tagliare in due il cuore nello splendore della spiegazione del dolore, ha svelato l’assurdo dell’esistenza.

Poi, gli dei, ah gli dei,  sempre imprevedibili e incomprensibili, diversamente da quanto pretendono i filosofi. Certamente, non ci amano né si prendono cura di noi, vogliono soltanto far accadere ciò che noi non possiamo prevedere, per il loro sollazzo e passatempo. Questa esistenza che si palesa indecifrabile e inconsistente, labile, ingannevole, non ci darà mai pace. Pensiamoci su. Ancora la tragedia è un’esagerazione? Pensiamoci su! Semmai ci sarà ancora tempo. Oppure, è il piacevole inganno dell’assurdo. Ogni cosa in questa vita sfugge al controllo e il rischio dell’errore è sempre presente. Non siamo umani, tutt’al più appariamo tali.

I poeti ancora guardano la luna e non si preoccupano dell’esistenza, nelle loro strane fantasie si dimenano come serpi al sole, e non vedono niente di umano. Il problema è che l’uomo non è più al centro della vita, è ai margini di un’esistenza misera, senza ordine brancola nel buio e non può farci niente. Tutti prendono di essere dalla parte dei giusti. Tutti, in fondo, sono dalla parte del torto. Inevitabilmente non sono più tracciabili i confini del bene e del male. Le parole hanno perso la loro strabiliante validità, sono così ben manipolate che di ogni sintassi si può costruire un teorema di verità.

Inutile chiedersi. Inutile spiegare. Inutile sperare. L’armonia è stata ricomposta in senso contrario alla sua direzione, in un universo che vede costantemente perire quell’infinito ‘magico’ e ‘indispensabile’ di un tempo. Tutto si presenta definibile nel sistema indefinibile della società. Non ci sono più i mezzi di una volta. Ci sono solo ragioni di forma. La partita si gioca sulla manipolazione di tutto. Ci mancherà la modernità e la verità.

Pensiamoci su.

 

 

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