Sempre fra i piedi te ne stai. Questo caffè non si sposa con la mia sigaretta. Ho poche parole, stasera. Ho ingurgitato troppi zuccheri di ipocrisia e il tasso glicemico è troppo da smaltire. Una restrizione al consumo è d’obbligo. Stasera non ho una trama. Le domande sul futuro, sull’inferno, sui misteri non m’interessano, roba da donnette. Qualcuno mi parla, ma non lo ascolto, ci vorrebbe un colpo di genio per liberarmene. Qualcun altro dall’aria soddisfatta mi parla di sesso (inventato). Una donna si avvicina e mi chiede l’ora, come se io fossi il venditore del tempo.

La cameriera svampita sogghigna. Soffoco. Eppure è l’ora degli ultimi balli, con sobrietà mi osservo attraverso il raggio sfuggito al dominio della luna, che s’adagia deciso sul muro bianco per farne specchio e anima, mi sorride, vacilla, sopraggiunge in picchiata un pipistrello frastornato.

Ci vorrebbe un’idea. Una musica nuova si ascolta, però. I cani abbaiano per comunicarsi nulla: i soliti coglioni della notte a rovinare un sogno. Questa sera non è di miele, è tosta, vigorosa. Luna devi piegarti, stasera. Non sei la luna dei poeti che ti magnificano, stasera. Sei la luna delle puttane, dei disordini. Sei nelle loro tasche. Ti hanno fottuto, stasera. Non farai sognare nessuno.

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