La congiura dei Pazzi, così detta dalla famiglia che la capeggiò per annientare la famiglia dei Medici, conclusasi  il 26 aprile 1478 con l’uccisione di Giuliano de’ Medici e il ferimento di Lorenzo il Magnifico, certamente è la più famosa congiura italiana. L’intento dei Pazzi era di contrastare, così come ce lo racconta Niccolò Machiavelli nelle sue Historie Fiorentine, la supremazia di Lorenzo il Magnifico che ambiva a dominare la città di Firenze. L’aggressione si svolse nella cattedrale di S. Reparata, dove i due fratelli usavano recarsi.

La congiura oggi come allora è sempre pronta, strumento che gli uomini non disdegnano per raggiungere i propri scopi, abilmente camuffati. Qualcuno c’è sempre che ci rimette le penne, non morirà, ma sarà definitivamente annullato o, ben che gli succeda, ridimensionato nelle sue attività. La politica è maestra di congiure, nel corso degli anni ha affinato le tecniche di preparazione del piano delittuoso e di esecuzione. Congiure annunciate ovviamente come trasformazioni naturali di un processo evolutivo sociale ma che in realtà si dimostrano  un ristabilimento di privilegi di ogni genere per la casta al potere. Il bene comune è giustificato da qualche minima concessione: fumo negli occhi per non apparire tiranni.

Questa dei Pazzi ha qualcosa di surreale, di fantastico storico che sembra reale e attualizzato nel nostro tempo. Oggi ovviamente i Pazzi non sarebbero una famiglia, ma folli per davvero.

Nelle democrazie occidentali non si compiono, almeno nella maggior parte dei casi, con il sangue, ma in maniera subdola, quasi con garbo e raffinatezza. Alcune volte sembrano essere necessarie e decisive per la sorte di un Paese, altre volte rappresentano un vero e proprio imbroglio democratico legittimato dalla politica. Nessun popolo o società è immune dalle congiure. Arrivano, passano, ci si dimentica. Ritornano e fanno danno, alterano equilibri di ogni genere, colpiscono i deboli e chi non è avvezzo all’intrigo.

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