Ieri nel frastuono di luci e voci che si aggrovigliavano in Piazza Garibaldi, come per magia ho rivisto la piazza in un film di memoria degli anni Settanta. Il Natale era ben altra cosa rispetto ad oggi. Non c’era la tecnologia e ancora non era stato scoperto il led, e gli alberi erano spartani. Il pranzo era infinito con parenti e amici. Sognavi la bicicletta Graziella – nella versione cross –  e ti giungeva qualche quaderno e i pastelli a  colori Giotto, nel migliore dei casi, altrimenti niente.

In Piazza Garibaldi (Tuglie)  non c’era nessuna luminaria, la faceva da grande la Chiesa parrocchiale con le sue eterne e immobili celebrazioni e il movimento costante e frenetico dei preparativi delle funzioni. Nelle strade di periferia l’immancabile focareddhra riscaldava simbolicamente il bambinello ma anche le persone. Gli spari di petardi grossi e piccoli rompevano la monotonia di silenzio del paese, in un combattimento che vedeva contrapposti i quartieri. La letterina di Natale  con i bordi e gli angeli dorati si sbriciolava nelle mani, ma consentiva di racimolare qualche soldino per il divertimento, anche se considerato non adeguato, bisognava sempre tenere fede al culto del risparmio. Prima di Natale i negozi brulicavano di gente a comprare l’essenziale, e possibilmente a un buon prezzo. Ricordiamo lu Graziu te la Lisabetta, la Vituccia Venuti, lu Pici Merenda, attrezzati a far fronte alle esigenze delle persone: non si badava alle firme, ma alla sostanza, i cappotti dovevano proteggere dal freddo, e basta. La tv di allora mandava in onda soltanto Canzonissima e Stanlio e Ollio.  Il giorno di Natale immancabilmente tutti a Messa; poi tutti al cinema di don Gegè, Gallipoli era ancora troppo lontana dai nostri orizzonti.

Il Natale del terzo millennio? non si sa più cosa sia. L’appuntamento con la festa è rinviato, ci si arriva impreparati nella confusione di un virus capriccioso. e  inconsapevolmente anestetizzati di luci, molte luci. Siamo cambiati, siamo in un’immagine sbiadita del tempo, dove facciamo fatica a riconoscerci e ad approvarci, ma fatichiamo molto bene a dividerci e a categorizzarci. Non ci rimane che aspettare per davvero un Altro Natale, il Natale dei popoli, della gente non più cieca di luce, ma vedente… di futuro.

 

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