Ci sono giorni che sono vere fatiche, incomodi che appisolano il fiato e turbano l’animo. C’è sempre di mezzo un erregi, un numero cronologico del registro del destino che intorbida la realtà ed è un bel rompicapo da sbrogliare, una matassa di intoppi rigidi e scabrosi.

Quei giorni di sibilla, un po’ oscuri nei responsi per non angosciare tardano a sistemarsi per convenienza.

Giorni che nel turbinio della quotidianità non lasciano spazio alla ragione per rinfrescarsi di poesia e lasciano cadaveri di ricordi.

Il giorno dopo è l’incasso del giorno prima, non si elimina, è prosieguo del tempo della vita che non cede nulla, anzi acquisisce nuovo tempo che va ad aggiungersi agli accessi di eternità per un circolo di sorprendenti assurdità.

Il giorno dopo a volte mi sorride, altre mi sospinge verso la lettura dei segni incomprensibili che appaiono con virulenza davanti agli occhi. E vi è la voglia di andare contromano per scovare la normalità di un giorno che sovente è sussistenza di tempo in fuga di realtà senza alcuna possibilità di riscatto. Nell’impegno di redigere il dizionario delle mie parole mi perdo spesso nel pensiero delle parole che con eroismo rifiutano l’oblio e chiedono appartenenza al linguaggio non di uso nella quotidianità. Oggi c’è Ulisse, ieri Circe, l’altro ieri Minosse, mitologia e rappresentazione di figure di un tempo molto antico che nella lentezza del ragionamento s’impongono per una sorta di accelerazione degli accadimenti per una invenzione di fatti contingenti illusori e compulsivi.

Il giorno dopo è un sogno guidato da un dio che in distrazioni temporanee ne perde il controllo. Le troppe parole fuori registro non si contano, fuggono verso il punto cruciale della dispersione.

Il giorno dopo è germinale: storia da decidere o da inventare. Bisogna essere artigiani di vita per collocare gli intarsi e formare un mosaico che possa corrispondere al giorno.

Il giorno dopo è quello che conta, ma poi è quello che non ci si aspetta e delude, inficia le speranze e non vi sono appoggi stabili per sterilizzare inconvenienti. Spesso indossa un abito succinto giacché il sarto della speranza non è mai all’altezza di realizzarne uno compito. Le parti scoperte sono esposte agli attacchi del caso, quelle coperte possono considerarsi salve.

Il giorno dopo è anche un post scriptum di un evento che si realizza in parte e rimanda a note a margine di un altro giorno, provocando nel calendario ingorghi di difficile risoluzione.

Il giorno dopo è il gioco dell’oca che della tipicità del gioco che riserva sorprese è imprevedibilità della sorpresa di un ritorno appunto al punto di partenza.

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