E poi arriva l’autunno, un po’ per volta, a mo’ di quiete; di solitudine spande alberi e uomini. Ed è tristezza in gocce di miele in un sogno. Siamo foglie morte sul selciato, sui prati, in perenne sonnolenza senza sonno nelle quali ci intratteniamo rileggendo le impressioni trascorse.
Come foglie morte siamo nel dominio del vento che ci spazza nei posti di indifferenza. Calpestati non ci accorgiamo della morte che ci sta accanto. Eppure c’è. C’è allorquando ci prende gli occhi e li strappa alla vita. Ciechi allora la invochiamo. Come foglie morte ci sbricioliamo nel vento, nell’aria di questo mondo. Tutto diverrà stupido e inutile. Un gioco a domino in cui sia nella vittoria che nella sconfitta esauriamo il gioco. La morte non la sentiremo come nausea nello stomaco, né come un malessere dei muscoli. Coscienti alla futura geografia della nostra consapevolezza di noi stessi accetteremo l’impossibile.
Come foglie morte è segnata la nostra vita. Svanirà l’ansia delle cose impossibili nella nostalgia di ciò che non c’è mai stato. Non ci sarà più la pena di non essere nella follia lenta dello sconforto. L’autunno mette a posto ogni cosa: le vacanze dello spirito che si adagia su vento ammorbidito di scirocco e su nuvole di cielo nuovo.
Come foglie morte varcheremo la porta del silenzio con i cipressi sempre rigidi e attenti. Il silenzio che ripara le ingiustizie e le colpe dall’invidia e dalla superbia. Colpe che volteggiano e stridono nelle coscienze. Colpe grandi e piccole. Colpe come ombre della verità. Colpe come cattiveria. Ci saranno giorni di intensa punizione per le colpe. Non ci saranno dei né uomini né ragione. Ci sarà il concepimento della disgrazia e del castigo. Poiché il mondo va nel male e nel male si alimenta e si replica per un mondo di altre cose, la colpa non sarà mai la stessa. Il castigo sì!
03/11/2023
LEGGI> DIARIO