L’intercalare che più di tutti si afferma nei primi approcci d’incontri al bar, nella piazza, nelle case, nelle vie dove ancora sopravvivono le comari con il ventaglio sull’uscio di casa. Poi, per avvalorare ancora di più la calura estiva si mostra con orgoglio il sudore che gronda dalla fronte, e non solo da essa, anche dalle ascelle, il cui torrente precipita con forza sulle braccia… e l’odore si spande prepotentemente fra altre fragranze corporee. La corrente elettrica è alternata, i climatizzatori nel silenzio accolgono le bestemmie e le imprecazioni dei sofferenti. L’acqua non è da meno e non la dà a bere. Venite pure nel Salento degli ossimori, degli svaghi e delle follie, ma portate con voi acqua e vento. Scoppiano come lampi del diavolo gli incendi e s’innalzano i fumi plastici nel cielo. Le malote passeggiano e li salanitri felici scalano muri. C’è l’eterna pizzica servita in tutte le salse in tavola e nelle piazze. Una processione si aggira per le vie del paese, sempre. Lu cautu è tuttu pe li salentini: lo maledicono, ma in cuor loro lo desiderano. Non sarebbe Salento se non fosse in contraddizione e in perenne insoddisfazione di sofferenza. Ci sono i festival, non c’è poesia. Per gli spostamenti si possono utilizzare i cammelli. Salento mistificato, stuprato, millantato in voce e in scrittura, in cozze e vongole. Rimane lu cautu, ed è al momento l’unica cosa di cui essere orgogliosi.
17/07/2024