I cavalli sono animali intelligenti, conoscono in tempo la loro pensione, riconoscono l’inesorabile perdita di forza a trainare il carro o a galoppare. Gli uomini no, agiscono per se stessi e per gli altri con sentimento di rivincita e vendetta nel loro spasmodico agire di potere, e allora essi stessi diventano cavalli vecchi per tempi nuovi, o tempi vecchi per somari nuovi. Non è un pasticcio! Non voglio confondere, ma semplicemente esporre che quando un cavallo è vecchio non ha nulla di nuovo con sé da esprimere e da dare agli altri, quindi il buon senso dovrebbe indurlo a chiudere in tranquillità il proprio passato e starsene nella propria stalla. Invece no, il cavallo ‘pieno di sé’ deve combattere quelli che esso stesso definisce ‘somari nuovi ‘che teme e non sopporta, ma sono cavalli, altri. È sempre una questione di buon senso, anche perché il cavallo non sempre ha galoppato ‘alla grande’ e alcuni (se non molti passi) incerti li ha sulla coscienza. Non voglio dire quante volte il cavallo ha fatto saltare il carro o quanti capricci di potere abbia commesso. Forse è giunto il momento che i ‘cavalli di razza’ – così chiamati perché potenti – dovrebbero non nitrire e non spacciarsi per il nuovo che avanza.
Invece, questi benedetti cavalli, dopo anni di silenzio, chiusi nelle loro stalle dorate, d’un tratto fiutando l’avvicinarsi di un potere, ecco che si ripresentano alle folle, con il gel sulla criniera e con la sella da re, a ringhiare come cani. Le nitrate, chiedo perdono per il termine fuori vocabolario, a significare la squallida retorica cavallina di tempi vecchi e fascistizzati, si susseguono con impeto e con vesti improprie di responsabilità. Corrono gli stallieri ad accudire il cavallo vecchio, a sostenerlo con forza nelle probabili cadute… di ogni tipo. Corre la folla sbigottita al passo del cavallo. Sorridono i somari nuovi (i cavalli veri), non nitriscono, non latrano, ma si preparano al passo giusto, cadenzato ai tempi nuovi. Vedo dunque il cavallo e non la cavallinità?