Tondo, tondo come l’O di Giotto, impareggiabile nel pettegolezzo, garante della comunicazione paesana, confidente, campione della tolleranza, simbolo dell’allegoria del sorriso. Lo Zitone, suo compagno d’armi, lo coadiuva nelle disquisizioni pubbliche semiserie nella piazza Garibaldi, ogni giorno e in ogni momento. In Camillo volente o dolente ci s’incappa comunque, nessuno può sottrarsi alle sue grinfie simpatiche d’intrattenimento. Filosofo, se per filosofo s’intende il creatore di un ampio sistema di pensiero basato sulla filosofia della pancia e al mondo sensibile del chiacchiericcio. Nulla ha scritto, tanto ha operato invece in funzione dell’oralità, diffondendo il verbo della parola, missionario della congregazione NU HAI SAPUTU NENZI?, con sede in ogni luogo.
Cittu tie, puttana, ca sai!: è la sua fulminea risposta a una domanda pettegola che gli viene fatta. E lo Zitone (il Voltaire tugliese) ride, e ridono tutti, anche i piccioni cagoni della piazza sbattono le ali in segno di compiacimento. Il suo quartier generale è al caffèpercaso, dove la commedia dell’equivoco è replicata e rielaborata in divertenti parodie dell’esistenza umana. Camillo si occupa degli argomenti più svariati, ma dedica anche molto impegno agli affari spiccioli: morte, amore, tradimenti e altro.
Si può dire che abbia inventato la figura del “pettegolo intellettuale”, che si sarebbe sviluppata poi anche altrove, contando altre figure di spicco, di cui si preferisce non farne menzione. Rousseau scriveva per l’amore di scrivere, Camillo parla per amore della parola. È la star della piazza, anche durante le prime ore del mattino, assorbendo lo spirito del tempo, sulla panchina sudicia o sulle sedie traballanti del bar, ha un culacchio pronto per la narrazione con lo stile inconfondibile di chi la sa lunga e bene. Ordinatore e manutentore delle vicende umane paesane sotto l’alto patrocinio dello Zitone. Editorialista orale, opinionista al convivio piazzaiolo, ma anche attore poliedrico, simpaticone, rubicondo, generoso così tanto da mettersi sovente nei guai, divorato dai cattivi, ottimista sino all’inverosimile.
Adesso sul suo grande faccione di persona buona una piega di malinconia prende ruga, trasuda pensieri di delusione, non è più il salumiere pirotecnico amato da tutti; ma detiene ancora il suo ruolo di centralità della comunicazione allegra e chiassosa e quando non morde c’è sempre qualcuno a stuzzicarlo e a farlo sbottare in parole e paroloni, sempre con il condimento dello sfottò.
Camillo, uno che faceva il bene per paura di fare il male, mai vanitoso e superbo. I giudizi degli altri, colmi di livore, non li merita, i disordini procurati li ha sacralizzati nella profondità del suo cuore, aggiungendo alle imperfezioni immagini fantasiose della vita con lo scopo di compiere l’amore anche di fronte alle assurdità, sottraendo le consequenziali impossibilità del suo essere Camillo e soltanto Camillo.