Nella cornice del Natale della Cantina Peparussu, a cura di Gianpiero Pisanello, Antonio Calò giovedì 5 gennaio 2021 ci ha deliziato di un racconto dialettale su San Giuseppe. Una performance che ha messo in evidenza il ‘patire’ di Giuseppe nell’essere ‘marito’ di Maria e ‘padre’ di Gesù. Indubbiamente, non è una cosa da poco. Calò, allora, ha cercato di immaginare cosa effettivamente Giuseppe abbia pensato prima e dopo la nascita del bambino. Egli affaticato dal viaggio per raggiungere Betlemme, affamato, in cerca di una sistemazione per per far nascere in tranquillità Gesù, si chiede la ragione di tanta responsabilità. Tutto però è contro Giuseppe: nessuna stanza d’albergo libera, Maria infreddolita, l’asino che raglia, nessuno ad aiutarli. Giuseppe volge lo sguardo al cielo e urla: ‘parcè propriu a mie? Scruta il cielo per cercare un segno, una ragione, un aiuto, una luce, un lampo. Niente! la divinità tace e non si mostra! Ma Giuseppe impreca, non si dà per vinto, si sfoga con le nuvole del cielo. Sistema Maria in una stalla, il bambino a petto nudo è adagiato sulla paglia, un bue (scencu in aramaico, secondo Calò) e un asino provvedono a riscaldarlo. Il parto è andato bene. Maria sorride al bambino. Il bue ogni tanto emette una piritazza che concorre comunque al riscaldamento della stalla, ma infastidisce il bambino che si copre il viso con le mani. Giuseppe ha fame, pensa che la soluzione migliore sarebbe di ammazzare il bue, ma così priverebbe tutti del riscaldamento. Arrivano i magi: Giuseppe vede le coppe che hanno nelle mani e gioisce: finalmente si mangia. No! Nelle coppe c’è ben altro. Adirato li manda via. Intanto sente delle voci, accorrono da tutte le parti pastori e pecore, artigiani e fornai, che portano in dono vivande. Ecco, si mangia, finalmente! Si accendono le luci del presepio cu l’artetaca te lu ‘duma’ e ‘stuta’. Ma è tutto uguale agli altri anni – dice Giuseppe rivolgendosi a Maria – . Maria fra poco venane puru le giostre. Lu mundu è ormai nu grande fratello. Maria ascolta Giuseppe e comprende l’essenzialità delle sue domande e risponde: ma armenu vane quarche fiata alla messa?
Paziente e nel suo casto silenzio, regola ogni cosa, modera l’impazienza del suo sposo, sa che la cosa più importante è il riconoscimento di questo Natale, la consapevolezza del grande evento: del Dio che si è fatto uomo per gli uomini. Non tutti lo comprendono. Calò ricalca questo dettaglio e lo riformula in un’altra domanda: fino adesso vi ho fatto divertire con lu sfogu te San Giuseppe, ora però provate a comprendere il valore umano e divino di questa storia, che è la storia delle storie, e va oltre la semplice narrazione. Un’ultima cosa: parcè prorpiu ieu? Proviamo a dare una risposta.