L’infame (parola di De Amicis) è Franti, personaggio del libro Cuore.

«Uno solo poteva ridere mentre Derossi diceva dei funerali del Re, e Franti rise. Io detesto costui. È malvagio. Quando viene un padre nella scuola a fare una partaccia al figliuolo, egli ne gode; quando uno piange, egli ride. Trema davanti a Garrone, e picchia il muratorino perché è piccolo; tormenta Crossi perché ha il braccio morto; schernisce Precossi, che tutti rispettano; burla perfino Robetti, quello della seconda, che cammina con le stampelle per aver salvato un bambino».

Franti è l’antitesi di Derossi. Violento e malvagio, sarà infine espulso da scuola per le sue bravate. Nel 1963 Umberto Eco pubblicò il suo Elogio di Franti, facendosi beffe del buonismo deamicisiano per schierarsi apertamente dalla parte di quel cattivo senza speranze: l’infame Franti. Eco ribalta la connotazione irriverente e cattiva che De Amicis attribuisce a Franti, facendo risalire il riso comico come atto eversivo del potere: Il riso di Franti è considerato malvagità solo perché Enrico (il protagonista di Cuore) identifica il Bene all’ordine esistente, nel quale si ingrassa e vive comodamente insieme alla sua famiglia. Quel giovinastro di Franti è invece l’icona della ribellione, del sovvertimento di un ordine politico e sociale iniquo, fondato sulle diseguaglianze.

Franti ride, sì ride, per la morte del Re, ma è un riso disperato, un’arma  contro il senso comune e il conformismo ipocrita. Ne teorizzava già la pratica Giacomo Leopardi: «Le armi del ridicolo potranno giovare più di quelle della passione, dell’affetto, dell’immaginazione».

La riabilitazione di Franti ad opera di Eco non è solo pedagogica, è alla base della contestazione studentesca degli anni Sessanta e Settanta, in cui si  rovescia definitivamente il pietismo e il buonismo deamicisiano. Franti, invero, è un disadattato, un sottoproletario che deve fare i conti con una realtà fatta di violenze, di lavoro precoce, di miseria, di ingiustizie sociali. E’ ben evidente a quale classe sociale appartiene Franti. Cuore oggi può suscitare nel lettore odierno un senso di fastidio per il ridondante patetismo che occulta le vere istanze sociali di un Paese in sofferenza.

Il suo riso è risentimento, ma il risentimento è lo stato d’animo della nostra epoca. Franti, oggi, siamo noi allorquando ci trinceriamo dietro invettive di livore e sarcasmo. Incapaci di reagire, di proporre e di condurre azioni politiche e sociali volte al cambiamento. Il riso compiace la nostra debolezza. Irriverenti ma inconcludenti. Il sarcasmo ci consola più della politica e del buon governo. Purtroppo!

 

1° maggio 2023

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