John Donne (Londra, 1572 – 1631), è stato un poeta e religioso inglese. Fu il primo  nel 1611 a citare Galileo in un proprio componimento, Ignatius his Conclave. Fu anche predicatore.

La sua poetica è sempre in oscillazione tra la ragione e l’immaginazione. Visionario ma in  linea con il pensiero medievale. In questo senso la sua capacità di concentrare in un linguaggio aspro e incisivo  le  citazioni letterarie e bibliche è lodevole.

In ordine alle liriche amorose imitò i modelli continentali della poesia, in particolar modo Petrarca; la sequenza dei sonetti era fondata su una serie di convenzioni: filosofiche, tematiche, formali.

Invero la ricerca poetica di Donne va dall’atteggiamento libertino delle elegie alla celebrazione dell’amore; poi alla sua assolutizzazione con conseguenziale interpretazione pessimistica dell’esistenza e alle esperienze che la vita può offrire, compresa quella amorosa, tanto da essere considerato poeta metafisico.

Celebre il suo sermone Nessun uomo è un’isola (meditazione XVII) citato da Ernest Hemingway in epigrafe a Per chi suona la campana, e da cui trae ispirazione un omonimo libro di Thomas Merton.

donne - micorocosmo

Sue opere principali: Anatomia del mondo (successiva al 1610), Biathnatos (un’apologia del suicidio, 1608 circa), Duello di morte, Sonetti sacri, Viaggio nell’anima, Devotion.

donne - libri

Una sua lirica:

Notturno del giorno di S. Lucia, il giorno più breve dell’anno

E allora studiatemi, voi che sarete amanti
in un altro mondo, in un’altra primavera,
perché io sono ogni cosa morta
che nuova alchimia d’amore ha trasmutato.
Perché anche dal nulla la sua arte
ha distillato la quintessenza,
da opaca privazione, da povera vuotezza.
Annichilato, ora rinasco
dall’essenza, dal buio, dalla morte,
cose che non sono.
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