Fra mille pensieri come farfalle, in questo giorno di discesa, inevitabile travaglio di scrittura, mi azzardo a rettificare l’impressione di una realtà subdola, solletico di attrazione, anzi di interesse.

Userò la sintassi dei poeti che non si prostrano agli idoli di cartone né agli uomini mendaci; ne conseguirà eresia contro il falso perbenismo di uomini gonfiati di supponenza e di superbia, falsi moralisti che di sera vanno a puttane e di giorno magnificano la dedizione alla propria famiglia. Maschere di un destino infame. L’abito e la maschera sono di Pulcinella, ma il cuore non è di Pulcinella. Eppure sono giunti alla fine, hanno perso le battaglie più importanti della loro inutile vita, ma non perdono il vizio di profumarsi di onestà. Quale onestà? Quella di avere inventato la creazione di sé stessi, spacciandosi per divinità e per padri integerrimi. Inventori del Nulla e della irreale realtà perversa, che sta all’origine di tutte le loro malefatte. Guardano con diffidenza gli altri, adoperandosi in ogni modo per sopraffarli con la sentencia mágica. Sono mostri che si nutrono di vermi e camaleonti nel loro stesso arido deserto di anima. Applicano diligentemente la geometria degli inganni nelle architetture di false verità. Recitano salmi diabolici.

Hanno creato il proprio Dio pur riconoscendo esistenza al vero Dio, senza però rinunciare ad esercitare il diritto di convivenza con il Dio giusto: una commistione orripilante che li accomuna ai Grandi Signori del Male. Il Male che ogni giorno dispensano è per essi festosa perversione,  sacralità della maschera a sostegno dell’artificialità di tutte le cose. Nella Cena delle Ceneri proclamano che l’universo è tutto centro, o che il centro sta in essi e la sua circonferenza in nessun luogo.

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